sabato 15 marzo 2008

Belle Epoque. Arte in Italia 1880 - 1915


"Allora regnava sul mondo una pace profonda e insolente" scrisse Joseph Roth ripensando alla vita frivola e fragile che scorreva veloce in Europa tra gli anni Ottanta del Diciannovesimo secolo e l'esplosione della Grande Guerra. Gli stessi anni che, tempo dopo, furono definiti Belle Epoque.
Fu un'età dell'oro - almeno per l'Europa borghese di Roth -, un momento magico di sviluppo e benessere, di invenzioni e fiducia nel progresso tecnologico, di euforia economica e culturale. Le grandi capitali europee - Parigi, Londra, Vienna, e in Italia Milano e Torino - divennero lo scenario di nuovi fenomeni di costume, dalle esposizioni universali ai caffè concerto, ai grandi magazzini, ai bagni di mare, alle gare sportive, alle corse automobilistiche, ai voli in aeroplano.
Cronisti di quest'Europa moderna e mondana furono gli artisti che registrarono i trionfi ed esaltarono gli eccessi di quegli anni effervescenti, votati a un destino di dissoluzione. L'alta borghesia industriale e finanziaria di fine '800 assoldò stuoli di pittori per celebrare i suoi riti e la sua smagliante modernità attraverso i ritratti delle sue donne, mogli e amanti, cocottes e chanteuses.
Così in Francia, ma anche in Italia. I "Bei Tempi" italiani furono forse meno splendenti e intensi di quelli parigini, ma sempre seducenti e irripetibili. Artisti come Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Corcos, Gioli, Banti e Panerai, facendo la spola tra l'una e l'altra capitale, coniugarono l'"allure" francese con i fermenti italiani, l'impressionismo e la pittura di macchia. Ed anche altri, come Casorati, Boccioni, Bonzagni, Nomellini, Bocchi e Cavaglieri, prima di intraprendere traiettorie diverse, furono testimoni di quel mondo dorato.
Protagonista assoluta è la donna, morigerata ma più spesso femme fatale. Una femminilità eccentrica e inquieta, in bilico tra vanità e lusso, alcool e morfina, diventa icona di un tempo in cui la felicità è un obbligo imprescindibile.
Alle donne fascinose e impeccabili della grande triade degli italiens de Paris, De Nittis, Boldini e Zandomeneghi, celebri e celebrati interpreti dell'atmosfera cosmopolita e illusoria della Belle Epoque, si affiancano anche artisti italiani meno noti al grande pubblico come Giacomo Grosso, Camillo Innocenti e Serafino Macchiati. Furono artisti che dai tanti pellegrinaggi nella Ville Lumiére derivarono l'intuizione di una femminilità più torbida e contraddittoria e per questo più moderna. Sono narratori visivi come Giuseppe Cominetti, le cui farandoles mettono in scena l'ebbrezza del can can e del tango, o Pompeo Mariani, autore di Chanteuse sensuali e impudiche quanto le prostitute ritratte nelle sue Perdute. O Vittorio Corcos, audace e spavaldo quando sceglie di celebrare eroine ambigue e voluttuose, sull'orlo della perdizione come "La Maddalena" o la sua magnifica "Morfinomane" e Aroldo Bonzagni che in "Mondanità" illustra, con accenti espressionisti e disincantata ironia, una folla di uomini e donne in abiti eleganti all'uscita da un veglione.

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