lunedì 7 dicembre 2009

Hayez ed il romanticismo storico italiano


In questo quadro l'autore riunisce le principali caratteristiche del romanticismo storico italiano, ovvero un'assoluta attenzione verso i concetti di naturalezza e sentimento puro (l'amore individuale), ma soprattutto verso gli ideali risorgimentali (l'amore per la patria). Ciò che colpisce immediatamente l'osservatore è l'enorme sensualità che scaturisce dall'abbraccio dei due amanti. Per la prima volta viene espresso in un quadro un bacio passionale e carico di emotività.

Questo legame è tanto forte che riesce ad annullare ogni contrasto, come quello del freddo celeste della veste della donna e del colore caldo dell'abito dell'uomo (il quale ha le gambe posizionate in modo tale da assecondare la sensuale inclinazione del corpo femminile). L'uomo mentre bacia la sua amata, appoggia la gamba sul gradino: Hayez comunica, con questo particolare, l'impressione che egli se ne stia andando, e dà più enfasi al bacio. La scelta dell'artista di celare i volti dei giovani conferisce importanza all'azione e le ombre che si possono scorgere dietro al muro, nella parte sinistra del quadro, indicano un eventuale pericolo. È però da non dimenticare il reale significato storico dell'opera, infatti Hayez attraverso i colori (bianco della veste, il rosso della calzamaglia, il verde del cappello e del risvolto del mantello e infine, l'azzurro dell'abito della donna) vuole rappresentare l'alleanza avvenuta tra l'Italia e la Francia (accordi di Plombierès). Bisogna ricordare che questo quadro venne presentato all'Esposizione di Brera del 1859, a soli tre mesi dall'ingresso di Vittorio Emanuele II e Napoleone III a Milano.

L'intera scena, a giudicare dagli abiti e dall'architettura, si svolge in un'ambientazione medioevale, ma in realtà è del tutto immersa nel presente a causa del significato e del soggetto iconografico (il bacio) del tutto nuovo.

Inoltre quest'opera esprime, non solo il concetto sentimentale, ma crea all'interno dell'opera un vero e proprio spazio intimo di coinvolgimento emotivo dell'osservatore; la presenza di mistero legata alla figura in penombra dell'androne non appare primaria alla visione globale, in quanto l'osservatore viene catturato dall'intensita degli amanti che sono posizionati sull'asse di simmetria.

Riassumendo, Hayez con quest'opera vuole trasmettere il senso di amore, di desiderio e il senso di irrequietezza popolare per quello che poi sarà il Regno d'Italia.

giovedì 29 ottobre 2009

Sir Lawrence Alma-Tadema


Sir Lawrence Alma-Tadema (vero nome Laurens Alma Tadema) (Leeuwarden, 8 gennaio 1836 – Wiesbaden, 25 giugno 1912) è stato un pittore olandese di nascita ma attivo nell'Inghilterra di epoca vittoriana.
Artista dell'epoca del decadentismo, è conosciuto per i suoi ritratti di scene di vita nell'antichità (particolarmente quelle ambientate all'epoca pompeiana), sempre caratterizzate da romantico languore e raffinata indolenza, oltre che permeati da ricorrenti motivi floreali.
Nato nel piccolo villaggio di Dronrijp, vicino a Leeuwarden (Frisia), Lawrence era figlio del notaio Pieter che morì quando lui aveva quattro anni. Sua madre, la seconda moglie di Pieter, si trovò a dover mantenere una famiglia molto numerosa ed avviò immediatamente Lawrence alla professione del padre, ma al manifestarsi del suo grande talento artistico Lawrence venne mandato ad Anversa.
Alma-Tadema ottenne la nazionalità britannica nel 1873 e venne nominato cavaliere in occasione dell'ottantunesimo compleanno della Regina Vittoria, nel 1899. Divenne membro della Royal Academy nel 1876 ed assunse una cattedra nel 1879. Nel 1907 venne incluso nel cosiddetto Order of Merit. Divenne anche cavaliere al merito in Germania, in Belgio, in Bavaria, in Prussia e ufficiale della legion d'onore in Francia, oltre che membro della Royal Academy di Monaco, Berlino, Madrid e Vienna. Ricevette medaglie a Berlino nel 1874, a Parigi nel 1889 e nel 1900 in occasione dell'esibizione internazionale e divenne membro della Royal Society of Watercolors.
Si sposò nel 1863 con Marie-Pauline Gressin de Boisgirard, che fu anche la modella per il dipinto Nel peristilio del 1868. Visse a Bruxelles fino alla morte della moglie, nel 1869, lasciandolo solo con le due figlie Laurence e Anna. La prima sarebbe diventata una scrittrice e la seconda una pittrice. Nel 1871, Alma-Tadema sposò Laura Epps, nobildonna inglese di famiglia benestante, e anch'ella posò per numerosi dipinti tra cui il famoso Le donne di Amphissa (1887).
Il primo successo di Alma-Tadema fu un dipinto esposto ad Anversa nel 1861 dal titolo L'educazione dei figli di Clove, raffigurante i tre figli di Clove e Clotilde mentre si dedicano ad affilare un'ascia sotto gli occhi della madre. L'opera faceva parte di un ciclo dedicato a soggetti merovingi, tra cui è particolarmente pregevole la Fredegonda del 1878 in cui la moglie ripudiata sta osservando, da dietro una tenda, il matrimonio di Cilperico I con Galeswintha. Questi primi dipinti sono i più carichi di romanticismo ed intensità emotiva: l'apice di questa intensità è Fredegonda sul letto di morte di Praetextatus in cui il vescovo, fatto assassinare per ordine della regina, la maledice in punto di morte.
La prima personale di Alma-Tadema si tenne nel 1882 alla Grosvenor Gallery di Londra e si può dire che vi fossero contenuti esempi di tutto il suo primo periodo, dall'Autoritratto del 1852 e Il patto del 1860.
Le opere realizzate dopo il 1850 appartengono quasi interamente alla corrente di gusto definita decadentista e rappresentano scene di vita nell'antichità, sono caratterizzate da una particolare luce, dall'atmosfera indolente e da soggetti preferibilmente femminili.
La prima di queste serie, dipinta nel 1863, ha come soggetto scene di vita nell'antico Egitto. La Morte dei primogeniti, dipinto nel 1873, è il primo e più intenso. Le altre opere di questo ciclo sono Un egiziano sulla porta di casa (1865), La mummia (1867), Il ciambellano di Sesostris (1869), Vedova (1873) e Giuseppe, supervisore dei granai del faraone (1874). Alma-Tadema si documentò a lungo per realizzare queste scene, ma i soggetti che lo impegnarono maggiormente in questo senso furono quelli cui dedicò i cicli successivi, ovvero le scene di vita nell'antica Grecia e nell'antica Roma.
Tra le sue più note opere giovanili, scene di ambientazione classica sono Tarquinio il superbo (1867), Fidia ed il suo marmo (1868), La danza di Pirro (1868) e Il negozio di vino (1869). L'opera raffigurante Fidia, in particolare, è la prima di una lunga serie che ritrae l'attività artistica dei tempi antichi: altre opere con lo stesso tema saranno Adriano in Inghilterra, La galleria di scultura e La galleria di quadri.
Nel 1869 inviò da Bruxelles alla Royal Academy due dipinti con titoli in francese: Un Amateur romain e Une Danse pyrrhique, seguiti da altre tre opere tra cui Un Jongleur (1870). Gli anni '60 furono un periodo denso di riconoscimenti: oltre alla sua attività in Belgio e Olanda, vince il Salon del 1864 e l'Exposition Universelle del 1867 a Parigi. Dopo il suo arrivo in Inghilterra, la carriera di Alma-Tadema fu un continuo successo.
La maggior parte dei suoi dipinti tardivi fu realizzata su piccole tele, come Il pesce rosso del 1900.
In queste opere, il tema floreale è preponderante su tutti gli altri ed il livello di dettaglio porta all'esasperazione un'attenzione già manifestata nelle opere a soggetto storico. La luce è caratterizzata da una forte attenzione alla resa realistica dei materiali, tra cui i metalli ed il marmo sono i favoriti.

Sir Lawrence Alma-Tadema




giovedì 16 luglio 2009

Il duomo di Orvieto


Enorme frontespizio proteso verso il cielo, la facciata del Duomo, vero volto del monumento, rappresenta il lucente e scenografico fondale della città.
Eseguita sulla base di un disegno tricuspidale, ancora oggi conservato al Museo dell'Opera, la facciata è articolata da uno schema compositivo piuttosto semplice in cui il verticalismo dei quattro pilastri a fascio, coronati da guglie alla sommità, è equilibrato dalle linee orizzontali costituite dal basamento, dalle cornici e, in particolare, dal loggiato ad archi trilobi, che divide in due parti la facciata. Sintetizzando valori architettonici, plastici e figurativi, la fronte della cattedrale è caratterizzata da autonomia e chiarezza strutturale.
Il risultato è quello di una parete tripartita, spesso paragonata ad un dossale gotico, in cui è ripetuto per tre volte un unico motivo geometrico: quello del portale inquadrato dai pilastri e sormontato in basso dalla ghimberga e dalla loggia, in alto dalla cuspide, mentre al centro campeggia il rosone nella sua cornice quadrata.
Del tutto originale è la soluzione della struttura piana intesa come uno schermo destinato ad accogliere le decorazioni musive e scultoree che creano un effetto di superficie , anziché di articolazione plastica.
La parte inferiore della facciata, animata da un senso di orizzontalità, è impostata su uno zoccolo mosso, ondulato che raccorda perfettamente i bassorilievi dei pilastri ed i portali strombati.
Nella zona superiore la parete si riduce di spessore, si innalza e si arretra approfondendo lo spazio.
Fino al loggiato la fronte del Duomo è fortemente caratterizzata dalle concezioni artistiche medioevali; secondo la storiografia più recente l'esecuzione sarebbe
da collocare tra la fine del XIII e il primo decennio del XIV sec. Probabilmente contemporanea al corpo di fabbrica dell'edificio, la facciata sarebbe stata iniziata da uno sconosciuto maestro e proseguita da Lorenzo Maitani, che, introducendo una delle correnti stilistiche del goticismo, conferì un senso lineare e pittorico alla facciata, ruppe l'unità decorativa tra questa ed i fianchi dell'edificio e modificò il precedente progetto monocuspidale.
Dopo la morte dell'architetto senese i lavori proseguirono con un ritmo più lento: eseguito il rosone (1354-1380), si procedette alla costruzione delle nicchie laterali intorno ad esso e delle cuspidi minori (1373-85). La parte superiore della fronte risentì, soprattutto per i particolari del coronamento, del gusto quattrocentesco e dei modi manieristici del '500; varie furono le mofiche apportate al disegno durante l'esecuzione, come ad esempio l'aggiunta dell'ordine di edicole con statue sopra al rosone (1451-55) e l'inserimento delle loggette a tabernacolo nelle guglie laterali.
All'inizio del XVI sec. restavano da innalzare la cuspide centrale, lavoro avviato da Michele Sanmicheli nel 1513 ed ultimato nel 1532, e le guglie: quella alta di sinistra, realizzata a partire dal 1505 ed ultimata, da Ippolito Scalza, nel 1569; quella alta di destra, a partire dal 1516 e completata, da Antonio da Sangallo il Giovane, nel 1543. Terminerà la facciata Ippolito Scalza con la costruzione delle ultime guglie (1571-91).
A partire dalla fine del '700 la fronte della cattedrale subì importanti interventi di restauro che, inizialmente diretti dall'architetto Giuseppe Valadier - guglia alta di destra, due statue degli Apostoli nelle nicchie sotto il frontespizio, il mosaico di S. Gregorio intorno al rosone, l'Agnus Dei in bronzo (1796-1806)-, continuarono per tutto il secolo successivo.