mercoledì 19 marzo 2008

Visioni Preraffaellite


Dopo circa cinquecento anni di oblio, nella seconda metà del 1800, in un clima sociale costrittivo e bigotto, si manifestò un profondo interesse da parte di alcuni settori della cultura e della società occidentale per il Medioevo. In Inghilterra Augustus Welby Pugin, padre dell'architettura neogotica, il poeta John Ruskin e William Morris, poeta, artista e agitatore sociale, ispirarono e alimentarono la corrente artistica dei Preraffaelliti. Sostenendo che il "progresso" altro non era che una folle corsa verso il nulla e rinnegando la scissione uomo-natura operata in epoca rinascimentale, questi revivalisti neo-medievali e neo-gotici rifiutando il presente e agognando un'organizzazione sociale idealmente modellata su di un'epoca di molto precedente la nascita del capitalismo, gettarono un ponte tra il passato e il futuro. Un ponte mai crollato che in questo inizio di nuovo millennio è oggetto di nuovo interesse.

sabato 15 marzo 2008

Belle Epoque. Arte in Italia 1880 - 1915


"Allora regnava sul mondo una pace profonda e insolente" scrisse Joseph Roth ripensando alla vita frivola e fragile che scorreva veloce in Europa tra gli anni Ottanta del Diciannovesimo secolo e l'esplosione della Grande Guerra. Gli stessi anni che, tempo dopo, furono definiti Belle Epoque.
Fu un'età dell'oro - almeno per l'Europa borghese di Roth -, un momento magico di sviluppo e benessere, di invenzioni e fiducia nel progresso tecnologico, di euforia economica e culturale. Le grandi capitali europee - Parigi, Londra, Vienna, e in Italia Milano e Torino - divennero lo scenario di nuovi fenomeni di costume, dalle esposizioni universali ai caffè concerto, ai grandi magazzini, ai bagni di mare, alle gare sportive, alle corse automobilistiche, ai voli in aeroplano.
Cronisti di quest'Europa moderna e mondana furono gli artisti che registrarono i trionfi ed esaltarono gli eccessi di quegli anni effervescenti, votati a un destino di dissoluzione. L'alta borghesia industriale e finanziaria di fine '800 assoldò stuoli di pittori per celebrare i suoi riti e la sua smagliante modernità attraverso i ritratti delle sue donne, mogli e amanti, cocottes e chanteuses.
Così in Francia, ma anche in Italia. I "Bei Tempi" italiani furono forse meno splendenti e intensi di quelli parigini, ma sempre seducenti e irripetibili. Artisti come Boldini, De Nittis, Zandomeneghi, Corcos, Gioli, Banti e Panerai, facendo la spola tra l'una e l'altra capitale, coniugarono l'"allure" francese con i fermenti italiani, l'impressionismo e la pittura di macchia. Ed anche altri, come Casorati, Boccioni, Bonzagni, Nomellini, Bocchi e Cavaglieri, prima di intraprendere traiettorie diverse, furono testimoni di quel mondo dorato.
Protagonista assoluta è la donna, morigerata ma più spesso femme fatale. Una femminilità eccentrica e inquieta, in bilico tra vanità e lusso, alcool e morfina, diventa icona di un tempo in cui la felicità è un obbligo imprescindibile.
Alle donne fascinose e impeccabili della grande triade degli italiens de Paris, De Nittis, Boldini e Zandomeneghi, celebri e celebrati interpreti dell'atmosfera cosmopolita e illusoria della Belle Epoque, si affiancano anche artisti italiani meno noti al grande pubblico come Giacomo Grosso, Camillo Innocenti e Serafino Macchiati. Furono artisti che dai tanti pellegrinaggi nella Ville Lumiére derivarono l'intuizione di una femminilità più torbida e contraddittoria e per questo più moderna. Sono narratori visivi come Giuseppe Cominetti, le cui farandoles mettono in scena l'ebbrezza del can can e del tango, o Pompeo Mariani, autore di Chanteuse sensuali e impudiche quanto le prostitute ritratte nelle sue Perdute. O Vittorio Corcos, audace e spavaldo quando sceglie di celebrare eroine ambigue e voluttuose, sull'orlo della perdizione come "La Maddalena" o la sua magnifica "Morfinomane" e Aroldo Bonzagni che in "Mondanità" illustra, con accenti espressionisti e disincantata ironia, una folla di uomini e donne in abiti eleganti all'uscita da un veglione.

Federico Zandomeneghi


Quando il vento dell'impressionismo, dalla seducente Parigi, spirò sull'Europa, furono in molti ad esserne travolti: e fu, sempre più, ripudio dell'accademismo, bramosia di libertà, esaltazione della luce, trionfo del colore.
Una triade di pittori italiani, reduci dall'esperienza macchiaiola, abbandonò la propria terra d'origine e si recò nella capitale francese per immergersi nel cosmo impressionista. Così, Giovanni Boldini, Giuseppe De Nittis e Federico Zandomeneghi diventarono gli "italiens de Paris", i "cantori" dell'eleganza mondana ed internazionale della "città dei boulevards", come del carattere popolare e periferico d'alcuni suoi quartieri. La loro peculiare esperienza artistica ed il ruolo rivestito nell'ambito della cultura impressionista sono stati al centro di diverse rassegne italiane di recente apertura, che ne hanno rivalutato il significativo contributo all'affermazione dell'arte francese tardo-ottocentesca.
Il veneziano Federico Zandomeneghi, l'unico fra i tre "italiani di Parigi" a non fare più ritorno in patria,un artista che mantenne un profondo e duraturo legame con l'ambiente impressionista e post-impressionista, pur aderendovi in modo assai personale, e predilesse temi tratti dalla realtà urbana e domestica contemporanea, dando vita ad una sorta di moderno "umanesimo".

giovedì 6 marzo 2008

De Nittis


Giuseppe De Nittis nasce a Barletta nel 1846, dove trascorre l’infanzia segnata dalla perdita prematura dei genitori. A quattordici anni si trasferisce a Napoli con i fratelli, frequenta l’Istituto di Belle Arti dal quale, dopo due anni, viene espulso a causa dell’insofferenza verso metodi di insegnamento e stilemi artistici che gli appaiono anacronistici. La libertà conquistata lo porta a vivere un rapporto diretto con la campagna e il mare, i soggetti pittorici più amati nel corso degli anni Sessanta. Dall’amicizia con Adriano Cecioni e Domenico Morelli, nasce, assieme ad altri artisti napoletani, la “Scuola di Resina”. Il suo primo quadro datato con sicurezza è Appuntamento nel bosco di Portici.
Dal 1866 sperimenta nuovi mezzi espressivi. Dopo una parentesi fiorentina, caratterizzata dagli incontri con i Macchiaioli, arriva a Parigi nel 1867 e si stabilisce dall’anno successivo, lavorando in esclusiva con Goupil fino al 1874. A ventitre anni sposa Léontine Gruvelle. È del 1869 la prima esposizione al Salon parigino, cui ne seguono altre fino al 1879. Nel 1874 partecipa, unico italiano, alla prima mostra degli Impressionisti, mentre continua ad esporre al Salon riportando un enorme successo con il dipinto Che freddo! Ma già con Al Bois de Boulogne ha inaugurato quella pittura che lo identifica come sensibilissimo cronista della vita moderna della capitale francese.
Le sue donne, sempre à la page, si muovono nei grandi parchi, lungo le passeggiate, alle corse, nei salotti, nelle stanze delle ricche dimore borghesi. Anche la cura dedicata ai particolari dell’abbigliamento rivela i segni di una femminilità percepita e rappresentata attraverso una raffinata indagine psicologica.
La modella principale è Leontine, colta negli ambienti domestici, nei ritratti, nelle scene en plain air, nei luoghi della mondanità e del divertimento. Le corse ippiche, le passeggiate in carrozza, il pattinaggio durante l'inverno fanno parte delle sue tematiche preferite ispirate dai luoghi della metropoli trasformata nei boulevards di Haussmann e nei ritmi frenetici della vita delle piazze, dei teatri, dei caffè.
Nel 1876 riceve la medaglia d’onore d’oro assieme al titolo di Cavaliere della Legion d’Onore. La sua casa diventa luogo d’incontro dell’élite culturale franco-britannica, frequentata, tra gli altri, da Manet, Edgar Degas, Tissot, Zola, Maupassant. Pur continuando a frequentare Napoli e Barletta con ricorrenti soggiorni, è la capitale francese la città d’elezione. Intorno alla metà degli anni Settanta, anticipando Degas e Manet, sperimenta la tecnica del pastello in grandi composizioni. Fra il 1883 e il 1884 realizza alcune delle opere più famose, Il salotto della principessa Mathilde e Colazione in giardino. Muore a 38 anni, nel 1884.