domenica 28 marzo 2010

Venere: tra arte e mitologia.


Una donzella non con uman volto
Da' zefiri lascivi spinta a proda
Gir sopra un nicchio; e par che 'l ciel ne goda.
Vera la schiuma e vero il mar diresti,
E vero il nicchio e ver soffiar di venti:
La dea negli occhi folgorar vedresti,
E 'l ciel ridergli a torno e gli elementi:
L'Ore premer l'arena in bianche vesti,
L'aura incresparle e’ crin distesi e lenti:
Non una, non diversa esser lor faccia,
Come par che a sorelle ben confaccia.
Giurar potresti che dell'onde uscisse
La dea premendo con la destra il crino,
Con l'altra il dolce pomo ricoprisse;
E, stampata dal piè sacro e divino,
D'erbe e di fior la rena sì vestisse;
Poi con sembiante lieto e peregrino
Dalle tre ninfe in grembo fusse accolta,
E di stellato vestimento involta.

- Poliziano, Stanze -

Venere trae il nome dalla dea romana dell'amore e della pace. Per i greci era Afrodite, per gli egiziani Iside e per i fenici Astarte. Venere era associata al rame (metallo di cui è ricca Cipro, isola natale di Afrodite) e veniva raffigurata a volte come un triangolo piatto, a volte con il numero cinque ed altre con il colore blu. Veniva inoltre identificata con il giorno di Venerdì: i Sassoni usavano il nome della loro dea della fertilità, Fria, che si trasformò poi nel nome inglese di Friday (Venerdì), mentre il nome francese Vendredi indica la sua chiara origine greco-latina.

Secondo la mitologia, Venere/Afrodite era figlia di Cielo e Mare, ovvero di Urano e Gaia; ma viene anche riconosciuta come una delle figlie di Zeus, o anche come figlia della schiuma del mare.

Esistono due versioni della nascita di Venere: nella prima (narrata da Esiodo nella sua Teogonia), la dea era nata prima delle altre divinità dell'Olimpo. Quando il titano Crono recise i genitali del padre di Venere (Urano) e li gettò in fondo al mare, il sangue ed il seme in essi contenuti si addensarono in forma di schiuma e da questa emerse Afrodite (da cui l'origine del suo nome: la parola aphros significa schiuma), , che fu sospinta dagli Zefiri fino all'isola di Cipro; secondo altre fonti, approdò prima a Citera o a Pafo. Sulla riva, comunque, fu accolta dalle Ore (le Stagioni) che la vestirono, la agghindarono e la condussero presso gli immortali. Dunque, Afrodite non aveva avuto né infanzia, né fanciullezza: era venuta al mondo come una donna giovane e completamente formata (vedasi anche la "Venere in Conchiglia").

Nella rappresentazione di Botticelli, Venere, nata dalle onde, è in piedi su una conchiglia (simbolo di fertilità) e viene sospinta dagli dei del vento verso la riva, dove Flora, dea dei fiori, l'attende per avvolgerla in un rosso mantello. Le chiome fluttuanti e le vesti ondeggianti conferiscono al dipinto una vorticosa leggerezza.
In origine, Venere era la dea dei giardini e degli orti e solo in seguito venne identificata con Afrodite, dea dell'amore e della bellezza.
La seconda versione della leggenda della nascita di Venere, nota come "Versione dei Cherubini" è narrata da Omero nell'Iliade. Secondo Omero, Venere era figlia di Zeus e della ninfa degli oceani, Dione. Andò poi in sposa ad Efesto (Vulcano) e diede alla luce dei figli. Tuttavia, trascurava i propri doveri domestici e coniugali poiché dedicava molto tempo ai propri amori con altri dei e uomini mortali. Tra i numerosi amanti, le sono attribuiti Ares (dio della Guerra), la relazione con il quale è la più nota e la più duratura, e con l'avvenente Adone. Era inoltre la madre di Eros (Cupido), Deimos (Terrore) Phobos (Paura) ed Armonia, la moglie di Cadmo. Uno dei suoi figli mortali era Enea, avuto dal suo amante Anchise, Re di Dardania. Anchise venne reso storpio da una saetta di Zeus quando rivelò a questi di aver amato la dea.

Platone immaginò l'esistenza di due Veneri: una nata da Urano, il cielo, e detta perciò Venere Urania, dea dell'amore puro; l'altra nata da Dione e detta Venere Pandemia, cioè popolare, dea dell'amore volgare.
Secondo la tradizione, Venere aveva come ancelle le Grazie o Cariti; suoi animali preferiti erano le colombe (che trascinavano il suo carro), i cigni, le lepri, i serpenti, le tartarughe, i delfini, le conchiglie marine. In quanto protettrice dei giardini le erano consacrati il mirto, la rosa, il melo cotogno e il papavero. Altri suoi attributi convenzionali erano la cintola magica (che rende seducente chi la indossa), la torcia che desta amore, il cuore fiammeggiante, lo specchio.

Vastissima la sua sfera di potenza; tra i tanti titoli che le erano attribuiti c’erano quelli di Pandemia (amore terreno), Urania, Anselmia, Scodia. Inoltre, per le sue origini dal mare, proteggeva i marinai e i naviganti che la imploravano con gli epiteti di Euclodia e Pompia, riferiti entrambi alla navigazione marittima.

Personificazione eterna dell'amore, il mito di Venere è raffigurato in un'ampia varietà di immagini e pose, a volte come simbolo di purezza, altre come espressione di una sensualità conturbante. Dal punto di vista iconografico Venere può essere rappresentata come sorgente dalle acque, mentre giunge alla riva di Cipro; oppure giacente o dormiente; infine in trionfo, oppure associata ad altri soggetti mitologici.

Dal Rinascimento in poi, questa ddivinità è stata la figura mitologica femminile più rappresentata nella storia dell'arte occidentale. Il suo ruolo di dea dell'amore giustificò il fatto che venisse dipinta senza veli e il suo nome era talvolta solo un pretesto per poter commissionare un nudo femminile.

Per i neoplatonici fiorentini del Quattrocento – come, per esempio, Lorenzo di Pier Francesco de' Medici, mecenate di Botticelli - c'erano due Veneri, immagini rispettivamente della natura spirituale e di quella fisica dell'amore. Secondo tale teoria, formulata per la prima volta da Platone, la Venere celestiale personificava l'amore nato dalla contemplazione del divino, mentre la Venere terrena attendeva di trasformarsi in quella celestiale. Nei dipinti, la prima era raffigurata nuda, come simbolo di purezza, mentre la Venere terrestre era vestita elegantemente e ricoperta di gioielli.
Venere/Afrodite fu la causa indiretta della Guerra di Troia, che iniziò con una contesa il cui oggetto era la proclamazione della dea più bella dell'Olimpo. Nell'opera di Omero non vi è alcun cenno a questa origine per la guerra di Troia, ma ne parla Euripide nelle Troiane.

Zeus era persuaso che la terra fosse sovrappopolata, quindi convinse Eris a partecipare alle nozze di Peleo con la nereide Teti, che lasciò rotolare tra i convitati una mela d'oro (il pomo della discordia), con la scritta «Alla più bella».

Nacque subito una disputa tra Era, Atena ed Afrodite. Le tre dee chiesero allora aiuto a Zeus, il quale si rifiutò di esprimere un parere, ma decise di rimettere il giudizio ad una persona imparziale. La scelta cadde sul pastore, Paride, che si trovava sul monte Ida. Qui Ermes, preso il pomo della discordia, condusse le tre dee. Ma a Paride venne chiesto di decidere non in base alla bellezza, ma in base al miglior dono che ciascuna gli avrebbe offerto. Giunone gli offrì di diventare il dominatore di Europa e di Asia, Atena gli promise che avrebbe condotto i Troiani alla vittoria sui Greci e Afrodite gli offrì in sposa la donna più bella del mondo (Elena). Paride consegnò così ad Afrodite il pomo della discordia e la dea lo condusse da Elena di Troia, moglie di Menelao, aiutandolo a rapirla: fu questa la causa della guerra di Troia. Con la sua scelta, Paride si inimicò anche Atena ed Era, che si schierarono con gli achei.
Dalla Grecia, il mito di Afrodite penetrò nella cultura ellenistico-romana cambiando il nome in Venere (Venus). La Venere dei romani era in origine una divinità essenzialmente agreste, protettrice dei campi, dei giardini e dei loro coltivatori. Più tardi, divenne dea della bellezza e dell'amore e a lei si doveva la vita e, infatti, i romani la identificavano anche con la primavera, la rinascita della natura. Lucrezio, nell'incipit del De rerum natura, la descrive così:

Alma Venere, genitrice degli Eneidi delizia degli uomini e degli dei, tu che sotto gli astri erranti nel cielo fecondi il mare che porta le navi e la terra carica di messi, per te tutti gli esseri viventi sono concepiti e nascendo vedono la luce del sole; quando tu appari, o dea, fuggono i venti, fuggono le nubi del cielo, sotto i tuoi piedi la terra fertile produce fiori soavi, a te sorride la distesa del mare e il cielo, placato, versa un torrente di luce...